Escludere i professionisti dall’ambito di applicazione del Jobs Act Autonomi, trattando il tema delle professioni ordinistiche in una riforma organica ad hoc.

Questa la richiesta di Confindustria nel corso dell’audizione alla Camera del 10 gennaio scorso sul ddl sul lavoro autonomo.

Jobs act autonomi: escludere le professioni ordinistiche

Secondo Confindustria il disegno di legge si basa su una contraddizione di fondo: da un lato equipara i professionisti (intesi in senso ampio) alle imprese, dall’altro, sul presupposto della terzietà assicurata dai professionisti regolamentati, il provvedimento prefigura un ampliamento delle funzioni sussidiarie loro attribuite, anche in veste “sostitutiva” della Pubblica Amministrazione (PA).

Per gli Imprenditori, la delega prevista per l’individuazione di quegli atti delle PA che possono essere rimessi anche alle professioni ordinistiche (art. 5), andrebbe contro la tutela di determinati interessi pubblici e degli assetti concorrenziali dei mercati di riferimento.

Bisognerebbe quindi dividere i settori in cui è auspicabile una decisa deregolamentazione e la conseguente equiparazione alle imprese (anche con la possibilità di partecipare ad appalti pubblici) e quelli in cui permane l’esigenza del presidio ordinistico, a tutela di interessi pubblici.

Nel primo caso, andrebbero rimosse le barriere che limitano la concorrenza e creano ingiustificati oneri burocratici ed economici. Nel secondo caso, una volta confermata la necessità del sistema ordinistico, andrebbe riordinato l’assetto dei compiti e delle funzioni degli Ordini, eliminando o attenuando le forme di ingerenza sui comportamenti economici del professionista. Nell’ambito di questo riassetto, potrebbe trattarsi anche la delega sulla rimessione di atti pubblici alle professioni ordinistiche.

Di conseguenza Confindustria consiglia di trattare il tema delle professioni, alla luce delle peculiarità di quelle regolamentate (previsione di ordini, albi e collegi; riserve di attività; incompatibilità; restrizioni all’accesso ecc.), in una sede diversa e con un approccio organico, dopo un’attenta analisi di impatto regolatorio e dei benchmark europei.

Lavoro autonomo: rivedere le clausole abusive

Secondo Confindustria, la norma che prevede l’inefficacia diretta delle clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente il contratto, di recedere senza congruo preavviso e che prevedono termini di pagamento superiori a 60 giorni porterebbe ad un regime di maggiore tutela per il lavoratore autonomo.

Infatti gli Imprenditori hanno fatto notare che, oltre a derogare alla disciplina del codice civile in ordine alle clausole vessatorie che consente di approvarle specificamente per iscritto, il ddl sugli autonomi appare più garantista di quello che il Codice del Consumo prevede a tutela dei consumatori per colmare l’asimmetria tra le diverse posizioni contrattuali. Questo approccio sembra in contrasto con la prospettiva tracciata dallo stesso ddl di allineare, sotto vari profili, il lavoratore autonomo all’imprenditore.

Confindustria ha continuato: “La previsione di un regime di favore per il lavoratore autonomo potrebbe creare un ingiustificato squilibrio tra la tenuta dei contratti stipulati dai lavoratori autonomi e quella dei contratti stipulati dagli imprenditori. Alla luce di tali considerazioni si propone di assoggettare imprenditore e lavoratore autonomo allo stesso regime contrattuale, eliminando dal ddl le citate previsioni speciali”.

Autonomi: i suggerimenti di Confprofessioni

Di parere opposto a Confindustria, Confprofessioni che, in audizione alla Commissione Lavoro della Camera, punta a rafforzare ulteriormente il ruolo centrale dei professionisti, segnalando alcuni interventi tesi a una miglior regolazione del lavoro autonomo.

Secondo la Confederazione delle professioni si deve ancora lavorare su: sussidiarietà e snellimento burocratico, agevolazioni fiscali per l’assistenza sanitaria integrativa dei lavoratori autonomi, norme sulla salute e sicurezza tagliate su misura degli studi professionali, ampliamento dei contratti di rete e lavoro agile.

La strada maestra indicata da Confprofessioni rimane la semplificazione amministrativa attraverso la valorizzazione dei professionisti. E davanti alla Commissione Lavoro di Montecitorio, Confprofessioni ha ribadito la ferma convinzione che “i liberi professionisti rappresentano la risorsa più preziosa per agevolare lo snellimento delle procedure amministrative”.

Sulla delega di alcuni compiti propri della PA ai professionisti, Confprofessioni ha ammonito: “il trasferimento ai liberi professionisti di attività attualmente svolte dalla pubblica amministrazione non deve tradursi in un aggravio di adempimenti, oneri e responsabilità a carico dei professionisti, senza un’adeguata contropartita economica”.

Sul fronte dell’equiparazione tra liberi professionisti e imprenditori, ai fini dell’accesso ai bandi europei e la possibilità per i liberi professionisti di aderire a contratti di rete, un ulteriore miglioramento, segnalato da Confprofessioni, punta ad allargare il contratto di rete non solo ai bandi e gare d’appalto, ma anche ad altre attività economiche diverse.

In questo ambito – conclude Confprofessioni – è auspicabile inserire nel provvedimento la revisione delle norme sulle Società tra professionisti, introducendo meccanismi che impediscano ai soci di capitale di influire indebitamente sui principi del lavoro professionale e chiarendo il regime fiscale e contributivo degli utili.